Coronavirus. La scuola è un’opportunità

“Un’opportunità, nonostante le fatiche quotidiane, di dialogo e di un rapporto, per quanto ancora acerbo e sfocato, con la realtà”. Così si conclude una lettera giunta al rettore da una studentessa del liceo: la offriamo a tutti per partire carichi di attesa e senza paura ad affrontare una nuova ‘strana’ settimana.

Buongiorno rettore,

volevo scriverle per ringraziarla delle sue parole nel video, che ci hanno fatto forza in questi giorni così strani. Ho pensato di mandarle una mia riflessione in merito alla situazione, non per fare il portavoce di tutti i ragazzi, ma semplicemente per raccontarle il modo in cui ho visto vivere me e i miei amici in questa settimana.

Nessuno ci ha mai spiegato cosa vuol dire essere giovani, vedersi crescere e diventare qualcuno che non ci saremmo mai aspettati di essere, vivere in quell’età in cui per la prima volta ti accorgi che le tue azioni hanno una conseguenza. Quindi ci siamo fatti prendere da un vortice di cose da fare, di gente da vedere, di posti in cui andare. Ci siamo fatti trasportare dalla vita volendo cogliere e assaporare, come un eroe Dannunziano, ogni istante al massimo.

E in questa realtà così dinamica e mutevole, in testa avevamo tutti fisso il pensiero del futuro che ogni giorno sembrava più vicino. Un futuro per cui combattere, in cui avremmo avuto un posto nel mondo e tutti i nostri sforzi del passato avrebbero avuto un senso. Ora con questo desiderio dentro, per la prima volta ci troviamo bloccati.

La scuola improvvisamente è chiusa

La scuola improvvisamente è chiusa e noi ragazzi ci troviamo senza un luogo in cui andare quando ci alziamo la mattina, un luogo che in ogni cosa ci parla di una realtà che noi ancora non conosciamo bene, ma di cui vorremmo avidamente imparare il più possibile, che ci attrae e intimorisce.

Ciascuno di noi ha pensato almeno una volta che la scuola portasse solo fatiche e ansie. Volevamo conquistare noi stessi e diventare protagonisti della nostra vita e l’essere studenti ci è sembrato tante volte solo un intralcio. Ora però nell’impossibilità di poter proseguire normalmente la vita che facevamo siamo tutti confusi e spaesati. Viviamo come i ragazzi di cui narra Boccaccio nel Decameron: cerchiamo di farci compagnia studiando insieme e distraendoci da questa situazione così nuova e sconosciuta per noi. Combattiamo nelle piccole cose l’insicurezza e i timori che caratterizzano questi giorni.

Ci dimentichiamo del virus ma non della scuola

In tutto questo mi stupisco del fatto che riusciamo a dimenticarci del virus che tiene ferma la nostra città, ma non della scuola. Quante volte ci siamo detti che ci mancano le lezioni di una determinata materia, o leggere un certo autore o in generale imparare cose nuove e che ci facciano diventare grandi. Insomma abbiamo nostalgia della scuola, di poter cogliere insegnamenti che ci accompagneranno per tutta la vita dalle parole dei nostri professori o di altri adulti, i quali in questi giorni si sono preoccupati per noi, confortandoci e aiutandoci a vivere una vita il più normale possibile, senza paranoie e paure nei confronti del prossimo.

È per me la prima volta che riesco a vedere la scuola non come una cosa da dover sopportare prima di poter iniziare veramente a vivere, ma come un’opportunità, nonostante le fatiche quotidiane, di dialogo e di un rapporto, per quanto ancora acerbo e sfocato, con la realtà.

Spero di tornare presto a scuola.

Una studentessa di quinta liceo